Scenografia

Presentazione

Perché come ha scritto Paul Klee, l’arte non riproduce ciò che è visibile, ma rende visibile ciò che non lo è.

Magica, immateriale, insinuante, implosiva e effusiva, in questi capolavori è la luce, quando si accorda col segno e all’energia plastica del colore.

Nell’intrico del vuoto e del pieno, del ruvido e del liscio, di segni geometrici, rigorosi di purezza simbolica, di dimensionali accensioni metaforiche, alla naturalità tattile del veduto, si colloca l’ultima produzione di DANIELA GRIFONI, artista consolidata, internazionale, e presenza storica nel panorama della pittura contemporanea.

Appunto di riscoprire per enfatizzarne la complessa valenza lirica, i più umorosi succhi poetici.

Opera in chiave informale, pur conservando tracce di un passato figurativo, appare sempre nell’artista novarese che, vuole raccontare e raccontarsi.

L’unica alternativa credibile e non pretestuosa del fare arte nel nostro tempo, attivando una propria modalità poetica del segno e del colore, le cui radici affondano nella lezione di una figurazione, si è detto, classica moderna.

Di grande tensione evocativa.

Quadri della modernità psicologica, di tutti i generi, che sparivano nelle collezioni private, nei musei, e nei grandi Hotel, perché aveva già molto successo.

Si concentra e studia, duttile, poliedrica, intuitiva, lavora, guidata dal critico Alfredo Pasolino. E la critica italiana apre le porte al successo. Artista segnalata Da Vittorio Sgarbi, si afferma con il primo piazzamento, a Varallo Sesia, con la Giuria presieduta dall’autorevole critico.

 Non dunque una poetica dell’irrazionale, ma una scorribanda nel profondo di quell’inquietudine accennata e confermata già nel buio dei fondali, come probabile continua precarietà dell’essere e del vivere contemporaneo, come nello scavo interiore. Tra il senso formale della materia intesa nella sua indefinizione cosmica, provenienza oscura, dell’inspiegabilità universale dell’io profondo, e il tentativo di penetrazione, di carpirne l’anima ed il segreto ed il condensato ultimo, l’assurdo … di un ordine necessario scandito dagli spazi, dalle scansie dei volumi.

Una pittura-pittura senza nessuna concessione o matrice concretista. Opera in chiave informale, pur conservando tracce di un passato figurativo appare sempre più nell’artista novarese che, vuole raccontare e raccontarsi. L’unica alternativa credibile e non pretestuosa del fare arte nel nostro tempo, attivando una propria modalità poetica, le cui radici affondano nella lezione di una figurazione classica moderna.

Per Daniela poi, nulla è “antico”, nulla è “nuovo” se non la gioia di un impulso, sotto il quale batte il cuore dell’umano io interiore.

Daniela si fa subito notare:

per come dipinge : il suo è un purissimo informale come vocazione estetica e creativa, riproponendo la sua ricerca di identità come ricerca bruciante di cogliere oltre l’immagine, senso e significato di una condizione altra, di profonda inquietudine nell’impatto con l’opera.

come utilizza i colori : di grande tensione evocativa, nella sua pervicace alchimia degli equilibri, di complice partecipazione emotiva. Un pozzo di emozioni senza immagini.

Ogni tela pulsa di tensione propria che varia con il mutare delle successioni, senza contaminazione di indecisioni.

Attraverso i filtri del sogno. E ama Venezia, depositaria dell’arte bizantina, tra ori, rosso rubino, bleu turchesi ed i colori caldi dell’Oriente.

Daniela Grifoni verga ogni tela con una sottile vibrazione della nota interna della vibrazione-colore, là dove la vibrazione stessa si allarga e si approfondisce per virtù d’aria e di luce.

Daniela sembra ereditare dal tempo e dalla storia, il senso di una fretta dovuta : il suo mondo è come una galassia, guarda altre dimensioni. Lei osserva le cose e snoda l’invisibile anima mundi

L’altra per rappresentarne sullo pagina riflettente del quadro, le estreme interiorità umane, anche in relazione delle materie scelte dall’artista.

L’intensità e l’energia che si identificano con la bruciante sensibilità che le permette di tradurre visioni e sogno in tele dai rossi bruciati, dall’aranciato ai gialli-ocra dei deserti solitari trascritti su carta di riso, dalle profondità del verde, degli azzurri lievi, accesi, gessosi, in una sorta di iter che annovera la forza del blu, capace di rievocare abissi misteriosi delle estreme profondità del pensieroarchetipo, per godere della coscienza superiore.

Il metodo è analogicamente quanto mai strumentale. Esso le consente di usare il pennello come uno strumento di direzione musicale, e che a questo compito abbina quello della partecipazione personale, fedele alla pittura.

Se il suo mondo è l’attimo fuggevole, percepito sulla pellicola subconscia, Le trascrizioni a moduli e i modelli della Grifoni sono le risultanze di un sincronismo simile a un diapason della vibrazione interiore, all’unisono, per migliorare e trascrivere specularmente quella sua realtà invisibile registrata, nelle segrete stanze del cuore. Trascrizione di un gesto che corre più veloce della sua mano.

La sua pittura è eterna, perché nasce dall’io permanente profondo, il cielo della poesia e dei suoi interpreti.

Infatti Daniela risulta tanto astratta quanto e tanto dai prodotti : oro, polvere di vetro, carte bruciacchiate, silice in granuli, rame in foglie, fili, terre, carte di riso, che per la rappresentazione di una realtà viva , altamente espressiva e gradevolmente decorativa, che per effetto dei pigmenti conglomerati, l’artista li assoggetta alla sua esuberante fantasia, in una sorta di stupore riverberante sui materiali la qualità magica di una pittura che sa imprigionare la luce, ovvero di una pittura di luce solidificata.

Diventa pittura e viceversa. Il segno di una tale interpretazione si sviluppa in ogni direzione, è calmo, è eccitato, è scorrevole, è improvviso, scoppia, si ripiega su se stesso, rifrange o cristallizza, palpita insomma per quel timore di verità che l’artista avverte in sé nel dispiegarsi delle forme colore, rivestimenti-immagine di un io profondo intersoggettivo e della sua alterità : l’io è l’altro.

Dalla silenziosa Novara alla turbinosa Roma, Miami, Parigi, Francoforte, mentre la vecchia provincia pensa solo all’arte che piace ai critici e ai galleristi, Daniela appartiene alla nuova generazione di artisti, le sue opere che girano per l’Europa, raccontano l’energia delle metropoli dell’arte.

Una Mostra indaga sugli anni di una pittura che, da un’indagine, iniziata da questi anni, può esibire in ogni suo momento, il sigillo della maturità, cioè quel segno interiore di compiutezza e di determinazione. Quell’autonomia del segno e delle forme colore, lo sdegno alle mode e alle correnti, che costituiscono l’indice di un impulso espressivo autentico, connaturato al modo d’essere dell’autrice.

Quelle corrispondenze tra natura, storia, società, costume, e la donna, che rendono inquieto il pensiero e trasformano in qualità riflessive metamorfosate e finalizzate a contemplazione, meditazione, e l’emergere del fenomeno dell’intersoggettività: Io è l’altro , è il mistero dell’ io plurimo, inteso come percezione di un principio ulteriore di natura intrinseca.

L’io multiplo per Daniela è la ragione del tutto, anche quando l’ io e l’alterità sono in stretta comunicazione a livello di una coscienza profonda intrinseca che opera e genera quanto altrimenti è inspiegabile dimensionalità della coscienza umana. Ma l’artista novarese ha tante corde per poter suonare …, Ha la possibilità di poter coniugare una cosa scomparsa con una cosa viva.

Di allontanare le sequenze reali e affondare nella memoria archetipa, per portare a purezza, le sensazioni : fare di un’ombra luce, e dare alla ricchezza del mondo un sussulto di emozione e di speranza. Questi mirabili accordi sono i gangli nodali creativi per approdare al sogno e alla poesia.

Coniugando la luce con la sua capacità semantica di utilizzare la funzione vibratoria-emotiva del colore, in uno stato nuovo di processo funzionale del pensiero basando sulla sensibilità razionale dell’osservatore nella sua nuova dislocazione psico-fisica : un’abitabilità effettiva con il tema dell’opera. Qui si incrociano immagine e contenuto.

Colori che prima di tutto sono colori che, come la poesia, prendono sia la vivacità del modulo grafico cui si adattano, con la precisione di uno spartito musicale che mette in scena note e colori, emozioni e allusioni senza fine. E’ in realtà una serie sequenziale di pensieri infiniti di intrinseco segreto potere dialogico o comunicativo, che non trovano impedimenti, con la pittura, come fosse il proprio sigillo, cioè forme-colore della musica, della poesia, di infinite rapsodie dell’amore e della vita. Di una duplice partecipazione emotiva.

ALFREDO PASOLINO

BRUNO ROSADA