EMPATIA CON IL MONDO E L ‘ARTE
LA POETICA DI DANIELA GRIFON
“Spirito della materia tra assenza e presenza”, edizioni Mondadori
Prof. PAOLO LEVI – critico, saggista, scrittore
Il territorio visivo di Daniela Grifoni tende a sconfinare dalla tela verso un altrove indefinibile, e si presenta agli occhi come un magma cromatico portatore di vibrazioni espressive.
In modo squisitamente astratto, il suo itinerario creativo è libero, avendo volutamente respinto i rigori eccessivi della pittura figurale. Infatti questa pittrice non parte mai da un nodo concettuale da diffondere nel complesso compositivo, ma privilegia piuttosto un’utopica aderenza allo spazialità pura, intesa come non-luogo ideale per un’indagine sulla forma e sul colore.
La sua mente guida la mano in giochi cromatici di scritture variabili, dove la materia pittorica è soprattutto l’oggetto elegante di un’argomentazione soggettiva e intimistica. Il motivo profondo del suo agire si situa quindi in una condizione psichica, ma il risultato espressivo si risolve attraverso un distacco emotivo che tuttavia enuncia, in modo emblematico e irripetibile, il senso nascosto di una pulsione passionale.
I pieni e i vuoti compositivi, le masse tonali dialoganti e le linee che creano spazi sembrano – ma è solo un’apparenza – prodotti dal caso; in verità, quando Daniela Grifoni compone, non concede nulla all’improvvisazione, perché il quadro è già stato programmato mentalmente ben prima della fase esecutiva.
La capacità di prefigurare il proprio lavoro conferisce pienezza significativa a ogni opera, che quindi si propone agli occhi come un enunciato razionale, immediatamente percepibile nonostante la complessità della trama pittorica.
Per Daniela Grifoni dunque, la pittura appartiene alla sfera razionale della coscienza, indipendentemente dalle motivazioni del profondo, in quanto si confronta con la concretezza della materia di cui è fatta, la tela, il colore, i materiali delle tecniche miste, il pennello, la spatola, e le mani stesse, che agiscono come uno strumento costruttivo.
Per altro – e qui cito le sue stesse parole – questa pittrice considera la sua ricerca alla stregua della stesura di pagine scritte, dove l’oggetto della sua riflessione è una filosofia del vivere, e quindi un modo di cercare di mettere ordine nel caos. È da questo punto di vista che credo sia giusto il suo rifiuto del termine informale in senso stretto.
Del resto, in certe occasioni, in quelli che lei chiama quadri di fede, emerge una singolare quanto sfuggente allusione a un altrove figurale, dove la presenza della polvere d’oro evoca il misticismo di antiche tradizioni iconiche. È impossibile comunque assimilare fra loro i suoi quadri, in quanto ogni suo momento creativo si conclude in se stesso, escludendo volutamente la ripetitività. Ma resta sempre riconoscibile la sua sigla nei timbri cromatici, indipendentemente dal fatto che le organizzazioni spaziali, le profondità e le stesure siano ogni volta differenti.
Dal punto di vista tecnico i momenti compositivi vengono in luce sulla tela nei modi più consueti: utilizza l’olio quando desidera ottenete masse cromatiche compatte, oppure fonde insieme olio e acrilico, creando sfumature di forte intensità espressiva. Altre volte, unisce ai pigmenti la polvere di marmo, frammenti minerali, o piccoli specchi.
Lavora sul supporto disteso per terra, con un’esecuzione lenta e meditata, in quanto ogni applicazione di materia richiede ritmi e tempi adeguati, ma considera terminato il quadro solo quando la tela si stacca da lei, addirittura contro il suo impulso ad andare ancora avanti.
È la pittrice stessa a dirlo: in quel momento, dopo una fase di assoluta immedesimazione, si sente come se fosse dentro un vortice che poi si apre e la respinge fuori.
Prof. Paolo Levi
Critico del catalogo di Arte Moderna edito da Mondadori